martedì 15 luglio 2014

Primo classificato al premio nazionale Antonio Fogazzaro 2014.




Tre dei miei racconti del Fogazzaro


POST OFFICE.
Plano dolcemente. Come sa planare la carta, ondeggiando a destra e a sinistra. Un metro è una bella distanza per una lettera. Infine mi poso. Attendo che qualcuno mi raccolga per tornare tra le mie simili. Un calcio. Questa impiegata delle poste è proprio interdetta, mi fa cadere col gomito e poi mi sbatte nel luogo più nascosto del bancone.
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Oggi è venuto a trovarmi un ragnetto. Mi ha riempito della sua tela. Almeno ho visto qualcosa di vivo.
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La polvere, ormai, mi ha ricoperto. La donna delle pulizie, che viene la notte, passa il tempo a dormire e ascoltare musica.
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La scritta “Per Anna Corti” ormai è sbiadita. Anche quella “Mittente Federico Santi” è quasi illeggibile.
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Gli operai smontano il bancone. L’ufficio postale cambia sede. Finisco tra i pezzi di legno. Addio.
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Federico era un timido. Le sue parole d’amore le affidava alle lettere.
Non ricevette mai risposta da Anna. Si sposò poi cinque volte.
Le sue mogli riposano nel freezer della sua cantina.
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Anna sposò poi Franco, un bravissimo uomo.
Che in cantina ha un freezer gigantesco.

URLA DAL BALCONE.

Dieci minuti.
Osservo l’orologio a muro della cucina. Ancora dieci minuti precisi. Lo sguardo si perde fuori dalla finestra, nell’azzurro del cielo mattutino. Che meraviglia l’alba. Con la sua brezza fresca soffia via le angosce della notte. Per chi non ha dormito è il traguardo tanto atteso.
Cinque minuti.
Poco tempo, poco dolore. L’obiettivo è vicino. Stavolta sarò puntuale. Sono sempre arrivata tardi agli appuntamenti della vita. E li ho sempre mancati.
Due minuti.
Ci vuole precisione per fare le cose giuste. E io non le ho mai fatte. L’elenco dei miei fallimenti è lungo più di sei piani. Le lancette paiono ondularsi al mio sguardo bagnato dalle lacrime. Penso di regalarmi ancora qualche minuto in più ma a cosa servirebbe? Ormai la decisione è presa.
Un minuto.
Il sole basso sull’orizzonte s’intrufola nella cucina. Respiro l’aria profumata di settembre con avidità.
Pochi secondi.
Si va. Mentre lascio il balcone alle mie spalle e l’asfalto attende di ricevermi mi accorgo di essere in ritardo. Ci vuole tempo per volare per sei piani.
Anche al mio ultimo appuntamento arriverò tardi.

L'UBRIACONE.
(sottotitolo: E...)
E ti senti una merda. E ti alzi con la bocca che sa di amaro e la testa che sembra staccata. E dici: "stavolta smetto". E ci pensi, un ora, due ore. E la vedi. E ti fissa dal tavolo, quella stronza bottiglia di whisky. E te ne vai, sperando che restarle lontano sia la soluzione. E ti senti inadeguato. E pensi che gli altri sono meglio di te. E la desideri. E speri nel suo oblio. E sogni che la gente ti apprezzi, ma non lo fa. E cedi a lei. E la apri. E senti il fuoco scendere nella gola e il cervello che si stacca dalla testa. E ti senti bene. E sai che, domani, sarà ancora peggio